Dieci anni senza Lucio, un’eternità. Anzi, no: sembra ieri. Ci pensa su Samuele Bersani, 51 anni, l’allievo più brillante di Dalla per coraggio, ironia, perfidia, eleganza, perfezionismo – un album ogni tre anni, senza fretta – rivoluzionario come quel “meraviglioso zio ingombrante” nato il 4 marzo 1943 e partito il 1 marzo 2012. «Sembra ieri, ma anche oggi e domani perché – garantisce Bersani – lui è sempre qui, lo ascolteremo con emozione e piacere senza margini di tempo. Pochi altri hanno conquistato questa longevità, questo sentimento collettivo. Eppure sembra un’eternità: per me sono stati dieci anni lentissimi: con lui giocavo a tennis con le parole, a qualunque ora. Era una gioia starlo ad ascoltare. Lo chiamavo anche in piena notte, solo per sentirlo, e lui rispondeva, e mi parlava. Mi manca quel dialogo intimo, non l’ho mai avuto con nessun altro . Lei è nato a Rimini, ha respirato Fellini, ha citato Mastroianni, Liliana Cavani, ha prestato la devastante Spaccacuore al film Chiedimi se sono felice, ha titolato Cinema Samuele l’ultimo album. Con Dalla avete trasformato la canzone in cinema, o viceversa.
È il lato di Lucio che mi è sempre piaciuto di più: la capacità di organizzare i brani sistemando la macchina da presa al posto giusto. Su una mongolfiera per
vedere il mondo dall’alto, come in Meri
Luis, la ragazza dalle grandi tette che
diventa il riscatto della vita, oppure dal
punto di vista di un cane, o di un bambino.
Sapeva raccontare grandi sentimenti
con panoramiche siderali e poi stringeva
meravigliosamente sui dettagli. Era poesia.
E cinema. Credo che Dalla sia l’unico
artista che puoi apprezzare anche solo
leggendo le parole delle sue canzoni, ma
anche ascoltando soltanto le basi musicali.
Se poi metti insieme le cose il miracolo
.
Dalla diceva di s che sarebbe stato
meglio come regista che come
cantautore. Ma anche come jazzista,
pilota di automobili, navi e aerei,
come pittore, calciatore, playmaker
di pallacanestro se non mi avesse
fregato la statura .
Sapeva fare tutto ed egregiamente.
Vicino alla sua casa di Bologna c’era la
sala giochi Cadillac, con una piccola palestra
di basket: non sbagliava un canestro.
Era anche molto preciso nello sputo
al piccione… .
Al punto di inventarsi lo pseudonimo
Domenico Sputo, che fin nei credit
(sax, cori e fischio) del primo disco di
Bersani C’hanno preso tutto del 1992.
Avevo 22 anni, figlio di musicisti.
Ma quando arrivai a Bologna non sapevo
nemmeno da che parte cominciare
e mi trovai circondato da uno stuolo
di grandi professionisti, una macchina
imprenditoriale da far spavento. Dalla
aveva appena fondato la sua etichetta
Pressing e per me utilizz il suo staff, il
maestro Beppe D’Onghia, Bruno Mariani
alle chitarre, Lele Melotti alla batteria e le
vocaliste Iskra Menarini, Angela Baraldi
e Carolina Balboni. E poi c’era lui, sotto
falso nome. Usava questo pseudonimo
anche sul citofono di casa per evitare
scocciatori. Sugger anche a me di fare
lo stesso quando cominciai ad avere una
certa popolarit e il campanello suonava
di continuo. Decise lui il mio appellativo,
Emilio Pesce. Funzion .
Tutto nasce con la canzone Il Mostro,
un gioiello acerbo sulla solitudine
e la diversit . Che Dalla inserisce
nell’album live Amen, trecentomila
copie, disco di platino.
Ho visto due volte Lucio commuoversi.
Quando ha ascoltato Il Mostro e poi
Giudizi universali: ha voltato la testa con
gli occhi bagnati. Ricordo la prima volta
che sono salito con lui sul palco, aveva
appena finito di cantare Caruso, figuriamoci.
Mi sono sdraiato cinque minuti
sul piano e ho fatto la mia canzone, ero
un ragazzino emozionato e spaventato:
poteva essere il mio inizio ma anche la
mia fine .
Fu l’inizio.
“Ricordo di avere telefonato a una radio
spacciandomi per tale Paolo di Pesaro
richiedendo la mia canzone Il Mostro,
pensavo non mi avrebbe ascoltato nessuno”.
Quattro anni dopo arriva Canzone,
una sua creatura che Dalla trasforma
in un successo planetario, traino
dell’album Canzoni, due milioni
di copie vendute in tutta Europa. E
dentro c’ la prima comunicazione di
servizio di Bersani: Canzone, cercala
se puoi, dille che non mi perda mai…
Era destinato a una ragazza che mi
aveva lasciato. Speravo che, ascoltando
quella canzone, tornasse da me. Non
accadde, soffrii molto e Dalla mi disse:
inutile sperperare il dolore. Cos scrissi
Giudizi universali ( Mettiamoci dei pattini
per scivolare meglio sopra l’odio )
ma anche Coccodrilli dove si parla di un
agente immobiliare, che era il tipo con
cui lei si era messa .
Nel 2020, in piena pandemia, quasi
come un inno liberatorio, De Gregori
e Venditti si sono messi a intonare la
sua Canzone. Che effetto le ha fatto?
Una bella versione, legittimata da
un’amicizia di Francesco e Antonello per
Lucio molto pi antica della mia .
Dopo quel periodo all’ombra di Lucio,
si messo a pescare asterischi da
solo, ottenendo consensi universali
da pubblico e critica, 4 targhe Tenco,
2 premi Mia Martini a Sanremo…
Lucio era generoso e intelligente. A
un certo punto cap che era meglio
cominciassi a usare i miei colori .
Nell 2000 il Festival ha trattenuto
il fiato quattro minuti, con Replay,
brano composto con D’Onghia e
ispirato anche da Dalla con una
struttura lirica celestiale.
Quella canzone mi costata molto,
mesi, prima di trovare la quadra .
Poteva cantarla anche Dalla.
Lui poteva cantare tutto. Era due
estensioni messe insieme in una persona
sola. Il problema quando devi interpretare
le sue canzoni, ci vuole estremo
rispetto. Ho cantato Tu non mi basti mai,
l’ho vista nascere e l’ho amata moltissimo.
Cos comeFelicit , brano complesso
e straordinario .
Dalla bugiardo, imprevedibile,
invadente, suscettibile. Tutto vero?
Da una piccola miccia a volte faceva
esplodere una bomba ma era anche
deliziosamente benevolo e aveva quella
rara capacit di toccare i tasti giusti
della tua coscienza, capirti dentro .
Quali sono le quattro canzoni per
comprendere Lucio?
Come profondo il mare, Le rondini,
Meri Luis, Henna. Pi tutte le altre.
Anche se qualcuna a un certo punto gli
venuta in odio .
Tipo Il cielo, Attenti al lupo…
E Piazza Grande: non la sopportava
pi , gliela chiedevano sempre .
E quelle scritte dal poeta bolognese
Roberto Roversi, dentro i tre album
che negli anni Settanta hanno
cambiato la musica d’autore italiana?
Lucio non era un artista d’ lite ma si
era innamorato di quell’immagine di Roversi:
Nevica sulla mia mano. Quando lo
doveva incontrare gli veniva la tachicardia,
tanta adorazione aveva per il poeta.
Dalla non amava il termine maestro, gli
sembrava da presa in giro: ma se era al
cospetto di Roversi non riusciva a trattenersi,
lo chiamava Maestro .
Come Dalla, anche lei a un certo
punto ha sposato il nuovo che avanza,
collaborando con mondi lontanissimi
come i rapper Frankie hi-nrg e Willie
Peyote.
La mia musica passato e presente.
Non importano l’epoca o il genere. Apprezzo
le cose autentiche, fatte senza calcoli,
senza copia e incolla. Il passato e il
presente sono Lucio Dalla .