Il Barca costretto a vincere tutto

Quando hai un tipo che ti fa 91 gol all’anno tutto è facile, tutto è possibile. Il problema è che ogni obiettivo non raggiunto diventa un fallimento. Così mentre Messi può brindare a un 2012 strabiliante — compreso il record di gol fatti in un anno solare, meglio di Gerd Müller e di Pelè — il Barcellona mette via un anno di illusioni e sofferenze. Ha lasciato lo scudetto al Real Madrid e la Champions al Chelsea, soprattutto ha trepidato per la salute di Abidal, il 33enne difensore francese operato per un tumore al fegato che nei giorni scorsi è tornato ad allenarsi, e per le condizioni di salute di Tito Vilanova. Con due giorni di anticipo sul previsto («in considerazione dell’evoluzione post-operatoria»), il 44enne tecnico del Barça ha lasciato ieri l’ospedale Vall d’Hebron, dove giovedì scorso aveva subito un delicato intervento chirurgico per arginare la ricomparsa di un cancro alla ghiandola salivare.

Vilanova farà Natale in famiglia e poi comincerà il primo ciclo di chemioterapia per sei settimane. Gli hanno promesso che se risponderà bene al trattamento potrà riprendere ad allenare la squadra: i medici si sono perfino sbilanciati, dicendo febbraio, proprio in occasione delle sfide dei quarti di Champions contro il Milan. «Per un po’ di tempo non sarò con voi—ha detto commosso Vilanova ai suoi giocatori accorsi in ospedale — ma tornerò presto». Anche Pep Guardiola, che gli ha lasciato il posto sulla panchina catalana per godersi un anno sabbatico a New York, è sbarcato a Barcellona e ha annunciato l’imminente visita al suo successore. Vilanova, come Mourinho, ha trascorso una pallida carriera da calciatore pur essendo cresciuto nella Cantera (il top al Celta negli anni Novanta) e dal 2007 ha cominciato ad allenare all’ombra di Guardiola. Improvvisamente, col Pep in vacanza, si è ritrovato titolare della panchina più ambita del pianeta, entrenador del giocatore più sublime in circolazione. Ieri c’era il vice Jordi Roura, ma è bastato per battere il Valladolid a domicilio— 3-1 facile, con l’immancabile sigillo di Messi—e tenere a distanza le inseguitrici madrilene, Atletico a -12 e Real (sconfitta 3-2 a Malaga con Casillas in panchina dopo dieci anni e relativa pesante polemica contro Mou) addirittura a -16.

Il Barcellona si è presentato con una maglia chiara dominata dalla foto di Vilanova e la scritta «Anims» che, in catalano, significa «Coraggio». Ma anche il Real ha fatto la sua parte alla Rosaleda, non per la pessima figura in campo, maper la maglietta speciale dedicata a Vilanova, così come era già successo per Abidal e Muamba. Un segno di solidarietà che va al di là di ogni sfida calcistica e politica. «Quando un collega ha un problema di salute — ha detto Mourinho— siamo tutti dalla stessa parte,con Tito e con la sua famiglia». Parole che valgono doppio, ricordando l’episodio del 17 agosto 2011: dopo la finale di Supercoppa di Spagna (vinta dal Barcellona), Mourinho inferocito inseguì e ficcò
un dito nell’occhio a Vilanova, allora vice di Guardiola, per poi commentare: «Non conosco questo signore, non so chi sia e come si chiama». Mou si prese due turni di squalifica, Vilanova uno. Anche quella volta fu Messi a infilare la rete decisiva, dopo il temporaneo pareggio di Ronaldo, e a regalare il trofeo al Barça. Lui, sempre lui: tre palloni d’oro come Cruijff, Platini e Van Basten ma con tanti anni a disposizione per essere l’unico a quota 4 e a aggiungere l’ennesimo record personale. Il suo valore è quotato un quinto dell’intero club del Barcellona, che ora non può più sbagliare. Per il 2013, in attesa del ritorno di Abidal in campo e Vilanova in panchina, è costretto a vincere il 22˚ titolo spagnolo e la quinta Champions League.

Federico Pistone

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