L'Inter pesca gli islandesi-attori

Un gol, almeno uno, Mazzarri glielo dovrà concedere. Ma il fairplay non c’entra. L’urna di Nyon ha accoppiato l’Inter agli inverosimili islandesi dell’Ungmennafélagi Stjarnan di Garabær, paese di 12 mila abitanti a una decina di chilometri dalla capitale Reykjavík. Nel calcio mai dire «passeggiata» (il vicepresidente Zanetti si lancia in un risibile: «Attenzione, non ci sono partite facili in Europa»), ma questi vichinghi — arrivati miracolosamente ai playoff di Europa League — detengono il coefficiente più infimo tra i club in corsa per i tornei continentali. Eppure per un solo giorno — ieri — sono diventati i giocatori più famosi del mondo, anzi dei veri e propri «calciattori»: a ogni rete messa a segno, finora 14 in 8 partite per il secondo posto nell’avviata «serie A» d’Islanda, mettono in scena elaborate e appassionanti pièce che fanno impallidire le vivaci esultanze sudamericane. Siparietti provati e riprovati in allenamento, più ancora che gli schemi tattici: ed è sempre una sorpresa, avviata dal giocatore che ha fatto gol. Si assiste a rappresentazioni intense, come quella della pesca al salmone: il marcatore finge di prendere all’amo un grosso pesce, l’autore dell’assist, che si rotola sul campo fino a essere issato e catturato come un trofeo, con tanto di foto finale. Ma si assiste anche a un tenero valzer a tutto campo con i giocatori che si allacciano a due a due. O a un vero e proprio parto, anche piuttosto travagliato. Oppure a una meno raffinata, ma altrettanto sofferta, «escursione» al gabinetto. Un altro gol vale una «strage» di tutti i compagni falciati da un mitra o, in alternativa, da una granata che esplode facendo volare in aria i compagni. E poi omaggi al ciclismo, al bob, al nuoto, al canottaggio, con tecnica e sincronismi di livello professionale.

Se i nerazzurri non vogliono perdersi questo show dal vivo, sarà meglio che mettano via la qualificazione all’andata in Islanda il 21 agosto per poi «godersela» il 28 a San Siro. I «calciattori» hanno festeggiato a modo loro il nobile abbinamento con i nerazzurri: «Appena abbiamo sentito la notizia ci siamo messi a saltare di gioia», racconta il tecnico quarantenne Rúnar Páll Sigmundsson. «È una fortuna affrontare una squadra come l’Inter, una grande emozione». E intanto si allestiscono nuove coreografie. Anche al Torino il sorteggio non è andato male, con l’Rnk di Spalato, ma Ventura si preoccupa: «Non siamo stati fortunatissimi, affrontiamo una squadra molto più avanti, che ha disputato già 9 partite ufficiali senza mai perdere». Non siamo ancora alla fase a gironi e per il Napoli e già finale. C’è l’Athletic Bilbao, l’avversario peggiore, ma anche più suggestivo, per l’ultimo spareggio prima della Champions che conta. Sarà una doppia sfida caliente, il 19 agosto al San Paolo, il 27 al nuovo San Mames, due «fornaci» del calcio continentale.

Chiunque uscirà delle due lascerà la Grande Europa orfana di una protagonista, perché se il Napoli vuole oltrepassare gli ottavi di finale, raggiunti nel 2012, l’Athletic non vuole perdere l’occasione, dopo un’astinenza dalla Champions di quindici anni, quando a eliminarlo ci pensò la Juve. Rafa Benitez non avrebbe mai voluto incrociare i connazionali ma la prende bene: «Sarà una bella partita, una sfida molto intensa. Il Napoli comunque è preparato e determinato a raggiungere il suo obiettivo». La squadra basca guidata da Ernesto Valverde, che da giocatore nel 1989 vinse la Coppa delle Coppe con il Barcellona, ha chiuso l’ultima stagione al quarto posto subito dietro le due madrilene e il Barça. E avrà il vantaggio di giocare il ritorno in casa, dove l’orgoglio basco sarà l’avversario più temibile.

Federico Pistone

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