Rio Ferdinand dai gol ai pugni

«Se mi tagliano la testa calva troveranno un grande guantone da boxe». Guardia destra, guardia sinistra, stile e potenza, brutalità e ironia, tutto concentrato in una sola creatura, una sorta di semidio del ring, Marvin Hagler, per tutti – storia compresa – The Marvelous. A 66 anni se n’è andato, una notizia impossibile se non l’avesse annunciata la moglie di origini napoletane Kay Guerrera: «I am sorry to make a very sad announcement…». Oltre a lei e al pugilato, lo piangono il cinema, il calcio, l’Italia, la Sampdoria. Perché lui viveva fra la periferia di Milano e il New Hampshire, tifava i blucerchiati per via della «maglia bellissima» e «perché in Italia comunque c’è l’obbligo di sostenere una squadra di calcio e la Samp è, come me, underdog», sottovalutata, anche se la passione nasce nell’epoca d’oro dello scudetto, della finale di Coppa dei Campioni, di Vialli, di Mancini, di Gullit. Ed è proprio della Samp una delle prime testimonianze di cordoglio per la leggenda della boxe di tutti i tempi, 67 incontri, 62 vinti di cui 52 per ko, 2 pareggiati e soltanto 3 persi ma solo nel verdetto: «L’affetto e la simpatia che provava per la Sampdoria sono stati sentimenti subito ricambiati dal club e dai tifosi blucerchiati, emozioni che oggi lasciano spazio alla tristezza, la stessa di quando se ne va uno di noi».
Hagler, nato il 23 maggio 1954 nel New Jersey, si affaccia alla ribalta alla fine del 1979 quando contende all’italoamericano Vito Antuofermo il titolo mondiale Wbc e Wba: Marvin lo costringe alla difesa a oltranza e a settanta punti di sutura senza però «finirlo» e consentendo ai giudici di emettere un verdetto di parità che lascia la corona ad Antuofermo. Ma Hagler, per tutti ormai «il meraviglioso», è una macchina perfetta di tecnica e furore: il 27 settembre 1980 a Londra stende a domicilio il britannico Alan Minter, devastandolo di colpi e strappandogli il titolo: lo difenderà per 7 anni di sfide straordinarie, come quella del 1983 contro il panamense Duran, il primo a restare in piedi 15 round pur perdendo ai punti, e nel 1984 contro l’argentino Roldan, battuto per k.o. tecnico con la consolazione di avergli inflitto una«scivolata». Fino a quel 6 aprile 1987 : Hagler, a 32 anni, affronta a Las Vegas Sugar Ray Leonard. Il match è una meraviglia di tecnica ed equilibrio: il verdetto a favore di Leonard è una vergogna per Hagler che abbandona «schifato» il mondo della boxe. Si innamora dell’Italia, si converte al cinema diventando marine e poliziotto. Ma la sua meraviglia resta quella del ring, «uno dei migliori di sempre», garantisce Oscar DeLa Hoya a nome di tutti.

Federico Pistone

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